sabato 7 luglio 2018

Mortal Kombat 3 (1995) - Recensione completa.

MK3 - Recensione Mortal Kombat 3
Non c'è due senza tre, è una regola valida per tutti i prodotti di successo, fra i quali entra di diritto anche il franchise di Mortal Kombat che, dopo il gettonatissimo secondo capitolo (vedi "MK2 - Recensione completa"), aveva quasi il dovere di produrne un terzo per accontentare i vecchi fan e farsene di nuovi.

Dopotutto il picchiaduro della storica Midway era all'apice della notorietà:
quell'atmosfera un po' epica e un po' kitsch, condita da quello splatter autoironico (che o lo ami, o lo odi) ed esaltata da storia e personaggi diventati icone in pochi anni, avevano attirato anche l'attenzione dei produttori hollywoodiani che, stuzzicati dalle vicende di quel gruppetto di eroi in lotta contro i signori dell'Outworld, diedero vita al primo lungometraggio sulla saga, diretto da Paul Anderson (vedi il nostro speciale "MK - La stroria del film che ha spezzato una maledizione").
Senza dubbio uno dei migliori adattamenti cinematografici tratti da videogiochi e piuttosto fedele all'opera di riferimento (nonostante quel Christopher Lambert nei panni di Raiden, che solleva ancora adesso certe risate).

Difatti, proprio nel 1995, ecco arrivare nelle sale giochi americane Mortal Kombat 3, videogioco che vedrà ben due espansioni: Ultimate MK3 e MK Trilogy (che, però, non affronteremo in questa recensione).

Il terzo Mortal Kombat non doveva e non voleva deludere, anche se non tutti i fan, al tempo, apprezzarono le scelte del team di Ed Boon... ma andiamo per gradi.

Shao Kahn "va in città"...


La storia, che potete approfondire nella nostra sezione Storyline, si svolge poco tempo dopo gli eventi narrati in MK2.
Shao Kahn è stato sconfitto da Liu Kang che aveva salvato l'Earthrealm per la seconda volta con l'aiuto dei guerrieri prescelti.
Ma l'imperatore dell'Outworld ha un altro asso nella manica: far resuscitare la regina suicida Sindel (presa in moglie dal Kahn dopo l'invasione del reame di Edenia).
Grazie alla stregoneria di Shang Tsung, Shao Kahn fa risorgere, sulla Terra, una Sindel corrotta dal male e, attraverso questo atto sacrilego, aggira le regole imposte dagli Dei Anziani, invadendo il nostro pianeta per reclamare la sua regina.
Aperto un portale su una grande città del Nord America, Shao Kahn consuma milioni di anime umane e da la caccia ai supertiti tramite le sue Squadre Sterminatrici, che riescono ad uccidere Johnny Cage.
Tutto ciò fa di nuovo riunire eroi del calibro di Liu Kang, Kung Lao, Sonya e Jax per fronteggiare l'invasione, ai quali si aggiungono nuove leve: il membro della SWAT Kurtis Stryker, lo sciamano apache Nightwolf, l'ex Dragone Nero "pentito" Kabal e il secondo Sub-Zero (ora senza maschera) entrato a tutti gli effetti fra i "buoni" in quanto, in seguito alla sua redenzione, è ora diventato il bersaglio di tre cyberninja del clan Lin Kuei con il compito di assassinarlo.
Quella del criomante è solo una delle tante sottotrame che vanno ad unirsi a quella portante, creando un ottimo background narrativo, coeso e sempre più stratificato.
Ovviamente la schiera dei cattivi non è certo da meno, infatti, oltre ai classici Shang Tsung e a Kano (passato del tutto nelle file outwordliane), entrano in gioco anche la shokan femmina Sheeva, la regina resuscitata Sindel, i già citati cyberninja Sektor, Cyrax, Smoke e il sotto-boss Motaro (centauro delle famigerate Squadre Sterminatrici).
Alcune schermate dell'intro di Mortal Kombat 3.
Rimanendo sempre in ambito storia, a differenza dei precedenti capitoli, questa volta non è stato realizzato nessun fumetto-prequel con il compito di raccontare le vicende iniziali per esteso, in quanto è tutto già presente all'interno del gioco stesso!
Abbiamo quindi un'intro videoludica (Attract Mode in gergo arcade) davvero corposa:
ben 11 schermate e 15 biografie che consentivano ai più nerd di mettersi davanti allo schermo con i pop corn e di godersi tutti i retroscena prima di giocare.

Come avrete già intuito, i luoghi nei quali è ambientata la bagarre non sono più le foreste viventi e i territori mistici dell'Outworld, bensì vari luoghi reali (una stazione, una strada, un ponte o un cimitero) di una metropoli americana decimata, con il nuovo palazzo del despota in bella vista e un cielo scuro caratterizzato dalla presenza inquietante del portale rosso aperto da Kahn.
Poco spazio al fantasy, se non in qualche arena all'interno del già citato palazzo/monolite.

Un MK molto "urban", lo si nota perfino dai costumi, ora ispirati alle tute aderenti dei supereroi americani; forse non molto in linea con lo spirito originale della saga, ma con una propria identità... Sindel, per esempio, sembra abbigliata più da moderna "bad girl" dei comics (ricorda Black Canary dell'universo DC), che da antica regina Edeniana.
Persino le tipologie dei personaggi si modificano, proponendo anche figure fantascientifiche come i tre cyberninja, oppure Kabal, con quel pittoresco respiratore che strizza l'occhio al genere cyberpunk.
MK3 - Recensione Mortal Kombat 3 - Kabal
Ora voi direte: che Mortal Kombat è senza nemmeno un ninja in maschera?
In effetti sembrerà strano, ma nella prima versione di MK3, che stiamo analizzando, i classici ninja erano stati sostituiti dal sopracitato terzetto robotico con la presenza del solo Sub Zero II, ora smascherato (tanto da non sembrare nemmeno lui), a far sentire ancor di più questa mancanza.
Alla Midway si sono accorti di quanto certe assenze fossero pesanti...
Infatti i ninja colorati, quelli veri, torneranno a partire dalla versione Ultimate, con tanto di interessi.

Target combo e juggling potenziato.


Parlando di gameplay, le basi rimangono pressoché simili ai predecessori.
Parata con tasto dedicato, pugni\calci bassi e alti, spazzata alta e bassa, più l'onnipresente uppercut, fanno sentire subito i giocatori a proprio agio (per ulteriori info, vi rimando alle recensioni di MK1 e MK2).
Una differenza sostanziale sono le cosiddette Target Combo, ovvero una sequela di colpi attivabili solo a distanza ravvicinata che, se non eseguita correttamente, si interrompe e lascia scoperti e in balia dell'avversario.
Una potente Target Combo di Sheeva.
Per usarle a dovere servono memoria, riflessi e space management perché, come ci ha abituati il gameplay dei primi MK, basta un errore per finire a tappeto.
In effetti, la difficoltà dei match contro la CPU è sempre al limite del criminale, con avversari che anticipano puntualmente i nostri attacchi pure a livello easy; tuttavia, la possibilità di giocare in due migliora la situazione.

Queste nuove combo preimpostate aumentano anche la possibilità di creare dannose juggles, dato che spesso si può chiudere la sequenza con un launcher (o colpo sbalzante) che ci da la possibilità di colpire, con le mosse giuste, l'avversario prima che tocchi terra.
Ma non all'angolo, attenzione: effettuare un launcher a limite dello schermo farà terminare la combo all'istante.
Grazie a questa nuova feature, i combattenti risultano ancora più diversificati in quanto bisogna ricordarsi sequenze diverse di colpi per ciascun guerriero.
Altra novità è l'aggiunta del tasto corsa, onestamente non troppo utile se non per pressare l'avversario riducendo in fretta le distanze oppure per colpirlo velocemente al volo dopo un calcio in salto sferrato nel punto giusto.

Spendiamo due parole sul bilanciamento del roster anche se, all'epoca, non era certamente in cima alla lista delle priorità per gli sviluppatori di un picchiaduro.
Il risultato finale è abbastanza buono ma i personaggi dotati di combo più evolute e mosse sbalzanti\paralizzanti sembrano partire con un certo vantaggio.
In ambito competitvo, Sub-Zero si è distinto nel corso degli anni grazie al suo clone di ghiaccio, uno dei tool difensivi più efficaci e versatili mai visti.
Allo stesso livello abbiamo anche Kabal e Jax Briggs, due personaggi in grado di infliggere danni devastanti nelle mani di un giocatore professionista.
La "rete energetica" di Cyrax, ottima durante una juggle combo.
Il gameplay risulta molto divertente e il sistema di controllo si conferma una valida alternatica alle meccaniche "carica/mezzaluna" ideate dai rivali di Capcom.

In linea con le produzioni picchiaduristiche da sala giochi, le uniche modalità presenti sono: l'immancabile Arcade Mode, ora affrontabile attraverso tre livelli di lunghezza/difficoltà tramite la schermata "Choose Your Destiny", e il classico Versus tra umani (1vs1), senza ulteriori aggiunte.
Parlando di scontri multiplayer, non si può dimenticare l'arrivo di una nuova feature sicuramente da provare: i Kombat Kodes.
Prima dell'inizio del combattimento, durante il caricamento, è possibile inserire dei "codici icona" (3 per giocatore) che possono modificare pesantemente l'esperienza del combattimento, per esempio, rendendo illimitata la corsa, dimezzando il danno inflitto dalle combo, annullando la parata, capovolgendo lo schermo o cose del genere.

Estetica e sonoro vogliono la loro parte.


Tecnicamente parlando, le animazioni digitalizzate appaiono ancora più ricche e fluide rispetto a quelle del predecessore con, però, qualche incertezza nelle cadute (rigidissime) o durante l'esecuzione di prese\combo dove qualche frame in più non avrebbe guastato (anzi, sarebbe stato necessario).
Senza andare troppo per il sottile, comunque, ci troviamo davanti al non plus ultra della grafica digitalizzata, l'apice di questa particolare tecnica.
Può non piacere a tutti, ma si rimaneva impressionati davanti a delle "persone reali" imprigionate nello schermo o alle movenze dei mostri come Sheeva e Motaro.
Gli ambienti sono altrettanto curati: tutti molto puliti e "cinematografici".
Nonostante le arene terrestri siano meno ricercate rispetto ai classici spaccati di Outworld, sono riuscite a mantenere quell'alone soprannaturale che ha reso grande l'ambientazione mortalkombattiana.
E tanto per alzare il fattore spettacolarità, alcune arene sono multilivello: con un uppercut ben piazzato si può spedire l'avversario al piano superiore!
Una bella novità ed un bell'effetto scenico.
Si possono effettuare transizioni dall'arena Subway a The Street e dalla Soul Chamber a The Balcony.

Encomiabile anche lo sforzo di aver rifatto da zero  TUTTE le animazioni\digitalizzazioni, come già è accaduto con il passaggio da MK1 a MK2.
Sonya sta per beccarsi un bel calcio volante da Kano. Ahi!
Il sonoro fa il suo dovere introducendo, per la prima volta, musiche più moderne, soprattutto negli stages urbani, con campionamenti che pescano un po' dal rap o dalla techno, alimentando quell'atmosfera "stradaiola" che dovrebbe contraddistinguere questo terzo MK.
Simpatici anche certi effetti sonori volutamente parodistici, dal "coro" fuori campo dopo ogni uppercut, all'immancabile "Toasty!" di Dan Forden.
Peccato invece per le voci dei personaggi ancora standard per maschi e femmine (a parte qualche raro caso) e non troppo convincenti durante certe azioni.

E si sa, quando si parla di mera estetica non si può lasciar da parte le famose Fatalities, anche se questa volta si poteva fare veramente di meglio.
Dopo le uniche e vere di MK1, dopo le oneste e d'impatto di MK2, qui si inizia a notare una spiacevole stucchevolezza.
In MK3 ogni personaggio dispone di due Fatality, accompagnate da: 
  • Friendship (un siparietto comico già visto in MK2); 
  • Babality (magia che trasforma il perdente in un neonato, presa sempre da MK2);
  • Animality (ovvero una trasformazione in una sorta di animale "spiritico").
Raggiungiamo così un totale di 5 finishers personali ciascuno, senza contare le stage fatalities (eseguibili nelle arene Belltower, Pit III e Subway), che sono comuni per tutti i combattenti.

Purtroppo, gran parte di queste finishers sono imbastite in modo discutibile e fin troppo non-sense.

Non sappiamo se questo processo di edulcorazione comica fu il frutto delle petulanze dei genitori (all'epoca MK era un prodotto fruito soprattutto da bambini) che contestavano la violenza dei primi due capitoli, ma è difficile trovare una spiegazione logica a questa terza versione dei colpi finali, diventati improvvisamente slapstick, spesso senza alcun (o poco) riferimento alla caratterizzazione canonica dei personaggi.
L'Animality di Liu Kang, una delle poche semi-canoniche.
Non meravigliatevi se di colpo il militare Jax diventerà un gigante, se Liu Kang si trasformerà in un coin-op o se Kano, invece di strappare più verosimilmente il cuore della vittima come in MK1, strapperà direttamente tutto lo scheletro (pulitissimo, fra l'altro).
Qui regna l'assurdo, uno sfacciato citazionismo demenziale, forse per far vedere ai più piccoli che è tutto finto, forse per puro sollazzo clownesco.
L'incursione fortemente umoristica si può comunque perdonare, MK aveva già all'inizio una certa "comicità nera" nascosta, fondendo il serio con qualche tocco humor in perfetto stile Armata delle Tenebre; ciò che non si può perdonare è la pessima realizzazione generale di queste esecuzioni, anche quelle potenzialmente buone vengono rovinate da un'approssimazione che mette in bella mostra mutilazioni "cubettose", corpi che stanno in piedi dopo un taglio netto della testa e altre amenità grafiche dimenticabili.

Ok, le finishers sono solamente dei segreti, attività secondarie attivabili con una sequenza apposita, ma è pur vero che la scritta "FINISH HIM/HER" a fine round non si trova lì per caso, quindi un minimo di cura in più l'avremmo apprezzata tutti.

In conclusione.


Nonostante alcune pecche di poco conto, Mortal Kombat 3 chiude in bellezza la prima trilogia di una saga picchiaduristica che non solo cerca ogni qualvolta di innovarsi, ma anche di uscire dagli stereotipi che, in parte, affliggono questa forma d'arte videoludica.
Personaggi iconici e un background di ottimo li vello, arricchito da un sapiente mix fra fantasy e supereroismo made in USA, rendono MK3 veramente unico.
Per chi volesse giocarsi, legalmente, le versioni casalinghe più arcade perfect possibile, consiglio caldamente: il port di MK3 per Playstation (purtroppo introvabile), la versione (quasi perfetta) per PS2/Xbox contenuta all'interno della Midway Arcade Treasures 2 (che include anche MK2).
In alternativa potete ripiegare sulle cartucce per Super Nintendo, Megadrive, sfortunatamene lontane per grafica, fluidità e cura generale dall'originale coin-op (come di consueto per le versioni a 16 o 8 bit).

+ Storia ottima e new entry di spessore.
+ Target combo e nuove possibilità di juggling,
+ Grafica digitalizzata di altissimo livello.

- Può essere frustrante contro la CPU.
- E i ninja?
- Finishers dimenticabili.

Valutazione complessiva: 90

Grafica: 92
Sonoro: 89
Giocabilità: 88
Design: 94
Innovazione: 90

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AUTORE:

Michele "Rapper Nero" Neri

Redattore, moderatore forum.

Classe 1986, ha iniziato ad amare i picchiaduro grazie ai cabinati di Street Fighter 2 e Mortal Kombat
Oltre a pubblicare articoli su Mortal Kombat Addicted (dal 2013), gestisce il suo blog personale, Disciplina Urbana, e scrive recensioni per il sito Fighting Side
Fieramente contrario all'approccio agonistico ai videogiochi e alle competizioni torneistiche, è un sostenitore del single player e dell'importanza di un universo narrativo solido nei picchiaduro… 
Il suo nickname, Rapper Nero, deriva da un nome provvisorio dato ad un personaggio di sua invenzione.
Nessun riferimento alla cultura Hip Hop, tiene a precisare, soprattutto considerando la piega “gangsta-capitalistica” presa dal genere...