domenica 16 giugno 2019

"Adoro Mortal Kombat, ma odio la violenza!". Shawn Kittelsen, sceneggiatore di MK11 ci parla del messaggio che voleva trasmettere con l'ultimo capitolo.

Shawn Kittelsen è stato prima sceneggiatore dei fumetti prequel di Mortal Kombat X, poi responsabile narrativo e co-sceneggiatore della modalità Storia di Mortal Kombat 11.
In questo interessante articolo ci racconta il suo passato, il suo rapporto con la violenza e quello che ha cercato di fare attraverso lo story mode di MK11.

Buona lettura.

Le persone si preoccupano molto per la violenza nei videogiochi e la cosa non è una novità.

Ho raggiunto la maggiore età negli anni '90, quando il Congresso degli Stati Uniti discuteva per la prima volta di questo tema a causa del glorioso, violentissimo e famigerato Mortal Kombat (1992).
Nei programmi televisivi dell'epoca, l'allora senatore Joe Lieberman e altri politici si allearono nel disperato tentativo di convincere i miei genitori che esporre me e mia sorella a MK e alle sue Fatality ci avrebbe condotto inevitabilmente a decapitare il cane di famiglia o a commettere un numero incredibile atti moralmente degenerati.
Fortunatamente, i miei genitori non ascoltarono Lieberman.
Se lo avessero fatto, forse non sarei mai diventato narrative lead e co-sceneggiatore di Mortal Kombat 11.

Sono cresciuto giocando con giochi molto violenti e negli ultimi anni mi sono guadagnato da vivere scrivendo la sceneggiatura del più violento capitolo della saga di Mortal Kombat...
Potreste presumere che la violenza mi piaccia e che mi diverta.

Non esiste niente di più lontano dalla realtà.

ATTENZIONE: oltre questo punto sono presenti importanti spoiler riguardanti la trama di Mortal Kombat 11.

La pillola nascosta nel budino. 


Sono un pacifista e credo che la violenza non sia mai giustificabile, tranne nei casi di emergenza e per legittima difesa.
Sono un genitore che teme per la sicurezza di suo figlio in un paese, gli USA, ormai sopraffatto dalla cultura della violenza e dal culto delle armi da fuoco.
Sono un cittadino americano patriottico e rispettoso della legge, ma mi preoccupano le crescenti ondate di autoritarismo e la brutalità della polizia in tutto il mondo.
Sono uno studente di storia che piange le innumerevoli vite perdute nelle guerre industriali del secolo scorso.
Ancora oggi mi chiedo se il lancio delle due bombe nucleari sulle città giapponesi nel 1945 sia stato un atto moralmente giustificabile.
La violenza mi ripugna.

Quando si tratta di film, videogiochi o altro, credo che le persone siano naturalmente attratte dalle raffigurazioni della violenza come mezzo di contemplazione degli orrori del mondo reale.

Ciò non significa che io apprezzi tutti i media violenti.
Spesso mi pare che i creatori contemporanei siano estremamente pigri e per questo dipendenti dalla violenza: la gamma di possibili espressioni umane è così ricca e varia, eppure, come ha detto Chris Plante, tanti giochi limitano e riducono le modalità di espressione dei loro protagonisti a "sparare" e "uccidere", senza lasciar spazio a modi più costruttivi per superare gli ostacoli e risolvere i conflitti.

Considerando il mio tormento interiore, come posso giustificare il mio lavoro come sceneggiatore di MK11, un gioco decisamente ultra-violento?
Dal mio punto di vista, ci sono valori molto profondi in Mortal Kombat anche se ai meno attenti può non sembrare.
Come dice il rapper di DetroitDanny Brown: c'è una pillola dentro al budino!
Mi spiego meglio: gli album di Danny Brown possono sembrare perfetti per ballare e fare festa, ma sono in realtà una riflessione sul potenziale sprecato, sulla tossicodipendenza e sulla disperazione di chi non ha un soldo.
Tutte queste sfumature non vengono mai colte a livello conscio la prima volta che ascolti un album di Danny Brown ma, in qualche modo, le percepisci.
Come artista e intrattenitore, Brown sa che i fan lo amano per i suoi spettacoli folli, ma sa anche che prima o poi capiranno il suo vero messaggio, anche se molto tempo dopo.

Anche Mortal Kombat 11 nasconde la pillola nel budino, ma a modo suo.
Il budino è composto dall'ultra-violenza stilizzata, dai brividi da popcorn, dal kitsch e dai personaggi tratti da film di arti marziali, fantasy e fantascienza.
È davvero un ottimo budino, che esalta i sensi e accende l'immaginazione di tutti.
Ma tutto quel budino non può giustificare la presa mentale ed emotiva che la saga ha sul suo pubblico, c'è dell'altro...

Senza dubbio, un ingrediente "nutriente" di MK11 è il suo gameplay: abbastanza accessibile per i nuovi arrivati, ma in grado di fornire una curva di apprendimento quasi infinita per i giocatori più hardcore.
Se è vero che alcuni giocatori possono essersi avvicinati a Mortal Kombat perchè attratti dalla violenza, è anche vero che uno dei motivi migliori per continuare a giocare a lungo risiede nello spirito di competizione e nell'opportunità di esprimersi creativamente mettendo insieme le proprie combo e trovando strategie che gli sviluppatori non avevano nemmeno immaginato.

In effetti sono pochi i giocatori che hanno il tempo di imparare i dettagli di ogni singolo personaggio del gioco, il che rende la scelta di combattente giusto ancora più importante.
Trascorrere ore di allenamento con un personaggio è come costruire una relazione con lui: imparerete a conoscere non solo come combatte, ma anche come pensa, come parla e cosa prova.

Tornando al discorso precedente, credo che siano state le brevi biografie dei Mortal Kombat dell'era arcade a generare, in modo inaspettato, un tale interesse e coinvolgimento per la saga.
Come ha spiegato, in un'intervista, il co-creatore della serie, John Tobias:
"un giorno siamo entrati in una sala giochi e i giocatori non stavano giocando a Mortal Kombat. Stavano tutti in piedi intorno al cabinato e non permettevano a nessuno di inserire monetine: stavano guardando l'attract mode per poter leggere le biografie dei personaggi".

Man mano che il roster di personaggi si espandeva da un capitolo all'altro, così facevano le loro storie, e quelle brevi biografie si sono evolute in lunghi viaggi cinematografici nell'universo del gioco.
Oltre 25 anni dopo, Mortal Kombat ha accumulato un incredibile numero di personaggi familiari e iconici, fornendo una solida base per le nuove storie del futuro.

Si potrebbe dire la stessa cosa di altre longeve serie di picchiaduro come Street Fighter o Tekken, ma le loro modalità narrative non sono mai state celebrate da fan e critica. Perché?

Ti avvicini per vedere le Fatality, resti per conoscere la storia. 


Ciò che distingue le modalità storia nei giochi di Mortal Kombat è il loro impegno nello sviluppare le motivazioni emotive che conducono e giustificano i combattimenti.

"Il racconto eccelle anche con momenti meno intensi", ha scritto Eric Van Allen nella sua recensione di Mortal Kombat 11, "ci sono dialoghi, nella storia, davvero commoventi".
Quegli attimi toccanti sono la vera pillola nel budino.
Gli eroi di Mortal Kombat 11 combattono in un mondo fantastico di Dei e mostri, ma i loro cuori sono radicati nella stessa realtà emotiva che tutti condividiamo.
Questa è la connessione tra noi e loro.
Ogni picchiaduro ha combattimenti, ogni gioco di lotta offre azioni spettacolari, ma non tutti i titoli del genere ti commuovono.

Il che mi riporta alla domanda iniziale: come posso giustificare il lavoro che svolgo per un gioco che sembra parlare solo di uccisioni?
Raccontando storie personali su eroi che superano la rabbia, la paura, l'egoismo e il pensiero dogmatico, elementi così umani da essere causa di tanti conflitti nel mondo reale.
I nostri eroi sono contrapposti a cattivi che perseguono intenzionalmente tendenze distruttive.
Con il contrasto tra eroi e malvagi cerco di esprimere un valore fondamentale del mio pacifismo:
i cattivi provocano i conflitti; gli eroi li risolvono.

E' vero che risolvere i conflitti in MK11 significa principalmente "combattere" o "uccidere" ma, grazie alla modalità storia, possiamo vedere in azione altri mezzi di risoluzione, come atti di compassione e misericordia, che condiscono i momenti più critici ed epici di MK11.

Per esempio, nel capitolo 11 dello story mode parlo di Raiden e del confronto tra lui e Liu Kang.
Una vicenda che ha radici antiche, che risalgono a decenni fa.
I fan dei capitoli di Mortal Kombat, quelli degli anni '90 e del film, ricordano Liu Kang come l'eroe, il Prescelto, nominato dal benevolo Dio del Tuono, Raiden, per difendere il regno della Terra dalla conquista.
Ma Liu Kang e Raiden sono entrambi caduti in disgrazia negli anni 2000.
Liu Kang è morto in Mortal Kombat: Deadly Alliance (2002).
Raiden ha sostituito la sua benevolenza con l'ira nel titolo successivo diventando Dark Raiden.
Liu Kang è stato poi resuscitato, non come eroe, ma sotto forma di zombie malvagio.

Entrambi i personaggi hanno avuto le loro opportunità di redenzione quando la timeline di MK è stata riavviata in MK9, del 2011, ma quelle opportunità sono state malamente sprecate.
Liu Kang ha sfidato gli ordini di Raiden e, nell'inevitabile scontro, è stato lo stesso Raiden ad uccidere Liu Kang.

Nel 2015Mortal Kombat X ha nuovamente resuscitato Liu Kang come una sorta di malvagio non-morto e ha trasformato Raiden in una versione cupa e oscura di se stesso.
La modalità storia di quel titolo terminava con Dark Raiden che dichiarava guerra a Liu Kang Revenant, che era diventato l'Imperatore del Regno Occulto.

Il che ci porta a Mortal Kombat 11.
Kronika, una potente divinità che controlla il tempo, desidera riavviare nuovamente la linea temporale.
Nel processo, Kronika piega il passato e il presente, l'uno sull'altro, trascinando in una nuova realtà personaggi da diverse linee temporali.
Le versioni originali e onorevoli di Raiden e Liu Kang vengono messe di fronte al loro tragico futuro e non sono per nulla soddisfatti di quello che vedono.

Il Raiden del passato ha tutte le intenzioni di cambiare il suo futuro in meglio ma gli eventi sfuggono al suo controllo molto rapidamente.
Nel disperato tentativo di sconfiggere Kronika, Raiden affronta nuovamente il Liu Kang del passato.
La storia si ripete.
Combattono, perchè devono farlo.
Sembra che la violenza sia inevitabile e che questi 2 personaggi siano intrappolati in un orribile ciclo infinito.

Ma accade qualcosa che blocca il Dio del tuono.
Il Liu Kang del passato ripete una frase chiave (del 2011) mentre si prepara a combattere:
"Basta con la tua follia. Se devi morire, così sia".
In quel momento, il Raiden del passato ha una visione: vede molteplici linee temporali contemporaneamente e, in ogni singola timeline, lui affronta e uccide Liu Kang.

Raiden è ora pienamente consapevole di essere solamente una pedina sulla scacchiera di Kronika.
Il suo destino inevitabile è combattere, combattere e ancora combattere.
Quando si rifiuta di affrontare il Liu Kang del passato, Kronika lo costringe a combattere il malvagio Liu Kang Revenant del futuro.
Sembra che l'unico via di uscita sia ancora la morte di Liu Kang (revenant) sempre per mano di Raiden.

Ma Raiden ha visto i frutti di questo ciclo di violenza perpetua, e decide di spezzarlo con uno spettacolare atto di misericordia e sacrificio.
Raiden ha imparato la lezione, una lezione che la storia ha cercato di insegnare più volte all'umanità, nel mondo reale, ma che spesso abbiamo ignorato.
Combattere porta solamente a combattere.
I conflitti finiscono solo quando facciamo un passo indietro, anche umiliandoci, pur di ottenere la pace.

Per far finire le guerre, basta volerlo.

Coloro che hanno vissuto la modalità storia di Mortal Kombat 11 assorbiranno questi principi morali dalla trama che ho scritto?
Forse non coscientemente, ma spero che, in qualche modo, vi siano arrivati.

SHAWN KITTELSEN,
responsabile narrativo e co-sceneggiatore di Mortal Kombat 11.

YOU'RE NEXT!


Fonti:
  • [I wrote Mortal Kombat 11, and I abhore violence] https://www.polygon.com/2019/5/31/18642909/mortal-kombat-11-story-violence-gore-fatalities

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Daniel "Naka" Maschietto
Fondatore, amministratore, webmaster, caporedattore, moderatore.
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Classe 1980, è cresciuto nelle sale giochi, in mezzo ai cabinati. 
Affascinato dai ninja e appassionato di picchiaduro fin dalla più tenera età, non poteva che innamorarsi all'istante della saga di Mortal Kombat.
Nel corso degli anni ha partecipato ad alcuni tornei, da Tekken 3 fino a Street Fighter 4  (passando per Dead or Alive, BlazBlue ed altri ancora).
Adora la competizione sebbene inizialmente ad attirarlo siano stati i personaggi dei picchiaduro, il loro design e la loro storia.
Specializzato in informatica, è sempre attento e interessato agli aspetti più tecnici dei beat'em up. 
Nel 2008 ha fondato Mortal Kombat Addicted per condividere anche con gli altri la passione per il suo primo amore: la mitica saga di Mortal Kombat. .